Una “prospettiva vegetale” per Varese I Il destino di Via Selene
Finalmente Varese, la “Città Giardino” ha di nuovo il suo “Piantone”.
Un gesto importante e per niente scontato, quello di sostituire il simbolo arboreo della città prealpina dopo il lutto del Luglio 2019, quando il Cedro del Libano che da 150 anni si stagliava nel cuore del centro cittadino è stato sradicato dall’angolo di Via Veratti.
Un investimento, quello sul nuovo esemplare di “Ginkgo biloba” (12 metri), che dovrebbe inorgoglire chiunque abiti a Varese, perchè capace di restaurare con tempismo una visione storico-identitaria della città, che la vuole legata al destino dei suoi alberi.
Visione, che sarebbe un crimine dimenticare o ancor peggio combattere, qualora l’amministrazione prenda altrove (magari dove più difficilmente si accendono i riflettori), decisioni diametralmente opposte a questa.

Come possiamo difendere il nostro paesaggio se non lo conosciamo?
Quello che manca a molti di noi, è una conoscenza complessiva della situazione crono-ecologica del nostro paese, che ci possa rendere critici, a partire dalla propria Provincia, a proposito di UN AUTENTICA TUTELA AMBIENTALE.
Essere conosciuti come la “Città Giardino” in Italia, di questi tempi non è un lusso. E’ molto di più. Ve lo garantisce un varesino che ha passato gli ultimi tre anni viaggiando tra uomini, donne e piante in tutte le regioni italiane e che oggi ha deciso di fermarsi di nuovo qui, dove le sue radici sono più profonde.
Prendiamo il caso del Salento: Cesare, un amico che ho conosciuto quest’estate durante il tour di proiezioni del documentario “Botanica per tutti”, mi ha raccontato che fino all’Unità d’Italia l’area che da Lecce si estende fino a Santa Maria di Leuca era un bosco, uno dei più verdeggianti e lussureggianti d’Europa. Ora è un deserto.
Così, mentre mi parlava di AgroMafia, di Xylella, di desertificazione, di cementificazione e di nessuna prospettiva, mi sono vergognato.
All’improvviso ho compreso che il mio ruolo è prima di tutto dove sono nato, in difesa della naturalezza del paesaggio di cui faccio parte.

Sì, perchè nascere a Varese, significa nascere in un oasi simile a nessun’altra, nel nostro paese. Una perla nascosta tra le montagne al confine con la Svizzera, tra i sette laghi tra cui il Maggiore che ci separa dal Piemonte; distante dalla confusione metropolitana di Milano.
Un territorio fertile, amato dalla pioggia, protetto dai venti per quanto possibile, che aspetta solo di essere riscoperto (specialmente dalle nuove generazioni), nelle sue vocazioni naturalistiche e sociali.
Sì perchè Varese è un baluardo di naturalezza persino quando si osserva il suo popolo: guardingo, sospettoso come il più classico dei “nordici”, ma allo stesso tempo estremamente passionale, laborioso e cooperativo.
O almeno questo è quello che mi piace credere e sono pronto a dimostrare, ora che Varese sarà nuovamente il luogo su cui scommetterò per il mio futuro.
Per quanto possibile, con il mio progetto “Prospettive Vegetali” ho provato per anni a farmi ambasciatore dei valori della mia famiglia e della mia città con orgoglio, ma adesso è arrivata l’ora di passare all’azione: non mi accontenterò di vivere in una città-giardino.
Vivrò invece con l’ambizione di contribuire a rendere Varese un “modello di civiltà etnobotanica moderna” a cui possano ispirarsi molte città del mondo occidentale. Perchè non sarà uno slogan a migliorare le mie condizioni di vita, ma solo il mio impegno quotidano, sommato a quello dei numerosi concittadini e concittadine di tutte le età, che con buona volontà proverò a convincere che un futuro realmente sostenibile, non solo sia possibile, ma sia addirittura alla portata di mano, per chi ha avuto la fortuna di conservare il proprio patrimonio arboreo e naturalistico, oltre che ad uno status sociale di benessere.
Il primo passo è capire se Varese ama Via Selene o la considera “sacrificabile”.
Per avere una risposta, ognuno dovrebbe tirare una gran boccata d’aria, nei prossimi mesi, proprio lì, dove difficilmente ci si può abituare a cuor leggero all’idea di veder passare centinaia di mezzi pesanti ogni settimana.
No, non è sacrificabile.
Per il sottoscritto ogni centimetro reso sterile è una sconfitta, per una città che si fregia del titolo di “città giardino”.
Specialmente se questo centimetro è ai margini, forse più che ai margini, dell’area protetta “Parco Area Sud Varese”.

Cominciamo con una petizione
Sogno di salvare con voi una delle vie più rurali della nostra città, rivitalizzandola, e non perdendo l’occasione di dare un futuro sostenibile a questo luogo: con due rotonde già costruite, proveranno a venderci la cementificazione di Via Selene come la logica conseguenza di un lavoro da finire (e poi continuare?).
Risponderemo che è finita l’epoca in cui a rimetterci, è sempre la Natura.
La difenderemo, ovunque sarà necessario, e semineremo nel vento i semi capaci di attecchire nei cuori e nelle azioni di chi è consapevole del rispetto che le dobbiamo.
Devo essere sincero, non ho nessuna intenzione di perdere questa partita, quanto è vero che ho intervistato centinaia di profondi conoscitori della Natura, prima di aprire la bocca su determinati argomenti.
Se sei della mia stessa idea ti invito a leggere e firmare la petizione, condividerla assieme a questo articolo e seguire la pagina FB “Varese Ama Via Selene”.
Au revoir, Giacomo Castana